Pane, sapone e fantasia
Una traduzione automatica ci porta dal fai-da-te alle muffe passando per i lord inglesi

Cosa accomuna muffe, saponi e prodotti da forno? Non molto, a meno di non passare per una traduzione automatica senza revisione. L’immagine mostra uno stampo per fare le saponette, che nel testo inglese di partenza viene chiamato molto probabilmente loaf soap mold. La traduzione inciampa tuttavia sul significato da attribuire a due parole, restituendoci un testo alquanto criptico. Noi di TDM non disperiamo: partendo da un errore possiamo sempre scovare qualche curiosità storica e insospettabili nessi linguistici. Insomma, pane per i nostri denti.
Lord con le mani in pasta
Nel testo originale loaf non vuol dire “pagnotta”, ma si riferisce alla forma rettangolare dello stampo. La parola loaf viene dall’antico inglese hlaf, da un’incerta radice germanica. Come riportano l’Online Etymology Dictionary e il sociolinguista Peter Trudgill, fino al 1200 circa era hlaf – e non bread – il nome con cui i popoli anglosassoni chiamavano il pane; per contro, bread inizialmente significava “pezzetto di cibo, boccone”. Dalla stessa radice si formano anche le parole lord e lady: il signore del maniero un tempo era un hlaford, ovvero il “guardiano del pane” responsabile delle provvigioni, e la dama era una hlæfdige, o “impastatrice del pane”. Trovi questa storia e altre briciole etimologiche in un interessante video del canale Alliterative.
Oggi loaf mantiene il significato di “pane cotto in forma allungata”: in italiano potremmo dire variamente “pagnotta”, “sfilatino”, “filone”, “baguette”. Può poi indicare altri cibi di forma oblunga, come nei composti meatloaf (“polpettone”) e sugarloaf (“pan di zucchero”), e per estensione può significare un “panetto” di vario tipo: di sapone, per esempio. Esiste infine un’accezione insolita propria dell’espressione colloquiale use your loaf, cioè “usa la testa”. Deriva probabilmente dal cockney rhyming slang, il gergo rimato inglese: head fa rima con loaf of bread, che viene semplificato in loaf. Non c’entra con la traduzione sbagliata dell’annuncio, ma era un particolare troppo appetitoso per non menzionarlo.
La forma della muffa
Se la traduzione errata di loaf è dovuta alla polisemia del lemma, nel caso di mold abbiamo a che fare con due distinti lemmi omografi. Il primo deriva dall’inglese intermedio moulen, ovvero “ammuffire”, e vuol dire per l’appunto “muffa”. Il mold a cui si riferisce l’annuncio originale, invece, viene dal francese antico modle, a sua volta derivato dal latino modulus, e significa “forma” o “stampo”. È imparentato con le parole italiane modulo e modello e con il francese moule, un sostantivo di genere maschile che registra lo stesso significato di mold. Ma attenzione, anche in francese l’omografia può trarre in inganno: al femminile, infatti, moule vuol dire “cozza” o “mitilo”. Aspettiamo con fiducia una TDM che da moule à savon arrivi a “cozza per sapone”.
Che si tratti di forma o muffa, la parola ha due grafie possibili: mold nell’inglese americano, mould in quello britannico (in proposito ti segnaliamo il nostro articolo sulle differenze tra le due varietà linguistiche). E in Canada? Lì, come al solito, si mescolano elementi dell’uno e dell’altro. Benché in genere l’ortografia canadese conservi la “u” delle parole che terminano in -our (come in colour, flavour, neighbour) come nell’inglese britannico, nel caso in questione risulta attestata con frequenza anche la variante mold. Vista l’incertezza, alcune aziende canadesi specializzate in disinfestazione e sanificazione hanno deciso che è meglio includere entrambi i termini sul proprio sito: trovi un paio di articoli in merito qui e qui. Si sa che con la muffa non si scherza.
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