Gli interpreti alzano la voce

Dalla California al Tirolo, si sollevano le proteste contro tariffe inadeguate e scarse tutele

Modifiche alle leggi sul lavoro, tariffe basse, concorrenza non qualificata, scarse tutele: i problemi degli interpreti sembrano gli stessi in tutto il mondo. E come se non bastasse, è comparso un nuovo fattore a complicare lo scenario: la pandemia da COVID19. In attesa di vedere quali saranno i suoi effetti sul settore, ripercorriamo alcune recenti proteste e polemiche legate alla professione dell’interprete.

La terra delle opportunità (svanite)

Il 1° gennaio 2020 in California è entrata in vigore lAssembly Bill 5 (AB5), una legge concepita per tutelare i lavoratori della gig economy che però ha complicato la vita di traduttori e interpreti. Ne abbiamo parlato approfonditamente in un altro articolo, ma te ne riassumiamo in breve gli effetti:

  • Qualsiasi professionista del settore linguistico con sede in questo stato e che lavori con agenzie di traduzione viene considerato un dipendente e non un libero professionista.
  • Per continuare a lavorare con le agenzie, traduttori e interpreti devono essere assunti da queste ultime oppure aprire una corporazione o società a responsabilità limitata, che però comporta una pressione fiscale più alta rispetto all’essere liberi professionisti.
  • L’unica alternativa a costituirsi come società o adeguarsi al lavoro da dipendente (sempre che te lo offrano) è tagliare i ponti con le agenzie.
Liberi professionisti californiani protestano contro l’AB5 (fonte)

Uno dei soprannomi della California è The Land of Sunshine and Opportunity, ma in questo caso dobbiamo parlare di opportunità svanite. Nonostante le rassicurazioni degli estensori della legge, l’AB5 ha lasciato molti traduttori e interpreti senza lavoro. Prendiamo come esempio la storia di Marybel Carino, un’interprete freelance specializzata nella lingua dei segni messicana. Come racconta lei stessa, i clienti le affidavano incarichi brevi ma spesso critici.

My skill in this language fills a rare, highly intermittent, but much needed niche. Whether I work for a court or for clients, usually through their attorney, I apply very specialized expertise on timing and payment terms that I negotiate, and with only the people I want to. For me, it may be a twohour job. For them, it may change their entire life.

Ora, per rispettare la legge, i suoi clienti dovrebbero assumerla. Ma chi assumerebbe un dipendente per farlo lavorare neppure mezza giornata? In questo modo, un servizio che per alcune persone può rivelarsi vitale rischia di scomparire. Di casi simili ne esistono a bizzeffe, tanto che è stata creata una pagina dedicata non solo a interpreti e traduttori, bensì a tutti i lavoratori autonomi danneggiati dall’AB5.

Anche soluzioni più drastiche, per esempio trasferirsi in un altro stato, presto potrebbero non essere più percorribili. Dopo la California, anche lo stato di New York ha in previsione di rivedere i criteri che differenziano il lavoro autonomo da quello dipendente. Presso il Senato è attualmente in discussione una proposta di legge per inserire il test ABC, già usato in California e nucleo dell’AB5. Sono invece più fortunati i traduttori e gli interpreti del New Jersey, dove una modifica simile è stata momentaneamente accantonata. Il loro lavoro è al sicuro, almeno per ora.

Tutto il mondo è paese

La situazione negli USA non sembra delle migliori, ma in Europa le cose non vanno molto meglio. Nei Paesi Bassi, il Ministro della giustizia ha proposto di aprire i concorsi per interpreti del settore pubblico anche a chi non possiede una qualificazione linguistica di livello C1 né ha seguito un corso di studi in interpretariato. In risposta, a inizio gennaio 2020 oltre 1500 interpreti hanno deciso di scioperare perché ritengono che questa modifica legislativa vada a discapito della qualità del servizio. Un gruppo di traduttori e interpreti ha anche lanciato una petizione per cercare di bloccarla e, con l’occasione, richiedere maggiori possibilità di negoziazione delle tariffe, così da poter ricevere un compenso più adeguato.

“Gli interpreti tacciono in tutte le lingue”, scritto in frisone e in olandese (fonte)

Al momento non è possibile prevedere come e quando andrà avanti la questione. La consultazione parlamentare con interpreti e traduttori da un lato e consulenti legali dall’altro, prevista a inizio marzo, è stata rinviata. Allo stesso modo, lo sciopero è stato momentaneamente sospeso a causa dell’emergenza da COVID19, con gli interpreti che hanno deciso di tornare al lavoro in nome del bene comune.

Scioperiamo qui tra i monti, tra i monti del Tirolo

I Paesi Bassi non sono il primo paese europeo in cui ci sono stati scioperi e proteste da parte dei professionisti del settore linguistico. Già il 17 settembre 2019 erano stati interpreti e traduttori tirolesi a manifestare per chiedere compensi e condizioni lavorative migliori. L’associazione degli interpreti giudiziari nazionale (ÖVGD), nella persona di Heidelinde Holz, afferma che il compenso orario attuale per questa figura (25 euro lordi all’ora) è insufficiente per sopravvivere in Austria come lavoratore autonomo senza altre fonti di reddito. Diverso il discorso nel mercato privato austriaco, in cui le tariffe possono arrivare a cinque volte tanto.

Holz ritiene che la retribuzione inadeguata è il motivo per cui il numero di interpreti giudiziari della regione austriaca si è dimezzato rispetto a quindici anni fa. Questa penuria di professionisti costringe i tribunali a fare ricorso a persone con competenze linguistiche inadeguate o che non hanno seguito alcun corso di formazione in interpretariato. Peccato che in procedimenti delicati come quelli penali, un errore di traduzione potrebbe influenzare il giudizio finale o, in casi estremi, comportare la ripetizione dell’intero processo.

“Siamo molto di più di semplici dizionari tascabili”, dicono gli interpreti tirolesi (fonte)

Elisabeth Prantner Hüttinger, sempre a nome dell’ÖVGD, afferma che dal 2007 il contributo unificato è stato quadruplicato, ma gli onorari degli interpreti sono rimasti invariati. A peggiorare le cose, la magistratura impiega più di un anno a liquidare i compensi. Tutto ciò ha spinto i 60 interpreti giudiziari tirolesi a scendere in piazza a Innsbruck. Nonostante ciò, i problemi nel settore dell’interpretariato giudiziario austriaco, già sollevati ad aprile 2019 e rimasti in sospeso fino a gennaio 2020 a causa della crisi di governo, sono ancora tutti da risolvere.

Maggiore libertà, in tutti i sensi

Restiamo tra paesi di madrelingua tedesca. In Germania è la nuova legge in materia di interpretariato giudiziario a sollevare molte preoccupazioni tra i professionisti del settore. Agli interpreti tedeschi non verrà più richiesta alcuna conoscenza legale pregressa, per contro non sarà offerta alcuna garanzia di continuità d’impiego presso i tribunali, nemmeno a quelle persone che vi lavorano già da tempo. La legge è stata discussa il 15 novembre 2019, ma dato che entrerà in vigore soltanto il 1° luglio 2021, c’è ancora spazio per emendamenti che garantiscano migliori tutele.

Il parlamento tedesco (fonte)

Scusa, mi presti un interprete?

Notizie poco incoraggianti arrivano anche dall’Italia. Prendiamo come esempio il processo a carico di EniShell, due giganti dell’industria petrolifera accusati di aver accettato tangenti per l’acquisizione di un giacimento petrolifero nigeriano. Durante le udienze che si sono svolte a inizio 2019 si è resa necessaria la presenza di un interprete giudiziario per tradurre le deposizioni in videoconferenza di due testimoni da Abuja, capitale della Nigeria. In quella del 9 gennaio, dopo che la prima scelta non si è presentata e la seconda si è dimostrata quasi subito impreparata, il tribunale di Milano ha chiesto a Shell, una delle imputate, di poter sfruttare i suoi interpreti per l’udienza in corso e quelle successive. Oltre che del comico, la vicenda ha dell’incredibile: la giustizia non dovrebbe essere super partes e garantire giudizi imparziali?

L’iter del processo EniShell: una saga che meritava degli interpreti dedicati (fonte)

La scarsa professionalità dimostrata dalle due interpreti potrebbe gettare un’ombra sull’intera categoria. Ma come emerge da questa lettera al Corriere della Sera, uno dei principali problemi che gli interpreti giudiziari italiani devono affrontare è la remunerazione inadeguata. Mentre nei processi civili gli interpreti vengono retribuiti in base al proprio onorario, in quelli penali il pagamento avviene in base alle vacazioni. Una vacazione corrisponde a due ore, pagate 14,68 euro per la prima e 8,15 euro dalla seconda in poi, per un massimo di quattro vacazioni al giorno. Un compenso decisamente misero, anche in quei casi in cui si può richiedere il raddoppio.

Alle tariffe basse si aggiungono i lunghi tempi di attesa. Ad esempio, il tribunale di Roma può pagare i suoi interpreti anche dopo quattro anni. A queste condizioni, non è difficile capire perché i tribunali italiani fatichino a trovare professionisti disponibili e adeguatamente preparati.

40 sterline al giorno levano l’interprete di torno

Anche nel Regno Unito la situazione non è rosea. In Scozia, ad esempio, può accadere che chi lavora per polizia, tribunali e sistema sanitario nazionale debba compiere lunghi spostamenti tra un incarico e l’altro. Peccato che questo tempo non viene considerato parte dell’incarico stesso. Come denuncia un interprete, 18,75 sterline all’ora per tre ore di lavoro e cinque di viaggio non retribuito corrispondono a circa 5 sterline all’ora. Non abbastanza, soprattutto se si considera che il salario minimo nel Regno Unito per l’anno fiscale 2019/20 era pari a 8,21 sterline all’ora. Sindacati e politici hanno lanciato vari appelli per migliorare le condizioni di lavoro degli interpreti, mentre governo e polizia scozzese hanno dichiarato di impegnarsi già in questo senso. Senza grandi risultati, verrebbe da dire.

Appalti milionari e interpreti in bolletta

Spostiamoci a Bolton, vicino a Manchester, dove la Debonair Languages ha fatto ricorso all’amministrazione controllata. Questa agenzia di traduzioni, che aveva vinto un appalto presso il Ministero della giustizia inglese, al 5 agosto 2019 doveva migliaia di sterline ai propri collaboratori, tra cui molti interpreti, che hanno richiesto per vie legali il pagamento delle fatture già emesse. La situazione è ancora irrisolta, mentre Debonair Languages Cumbria, affiliata di Debonair Languages, è ancora in attività.

La sede della Debonair Languages (fonte)

Una situazione simile si era verificata anche un paio di anni prima, a marzo 2017, quando Pearl Linguistics aveva dichiarato bancarotta lasciando più di 850.000 sterline di pagamenti insoluti e solamente 5.000 sterline per saldare debiti e creditori. La notizia è ancora più sorprendente se si pensa che la dichiarazione di bancarotta è avvenuta solamente un paio di mesi dopo che l’agenzia si era aggiudicata un appalto del sistema sanitario nazionale. A differenza della vicenda Debonair, in questo caso sono già stati ottenuti i primi dividendi, resi disponibili a gennaio 2019, che però non sono stati sufficienti a saldare tutte le fatture in sospeso. È possibile che ci siano altre tranche di pagamento, ma purtroppo è una probabilità abbastanza remota.

Coronavirus: la pioggia sul bagnato

Come se non bastasse, l’arrivo della COVID19 ha peggiorato ulteriormente le condizioni del settore. Traduzione e interpretariato rientrano tra le prestazioni considerate essenziali da vari governi, come quello italiano. Se i traduttori stanno facendo le ore piccole per tradurre tutti i documenti urgenti sull’emergenza, gli interpreti si trovano a fronteggiare la pandemia fornendo i propri servizi, per esempio, a malati e operatori sanitari. Ma al contrario di medici e infermieri, che sono costretti a lavorare in prima linea, gli interpreti hanno il vantaggio di poter lavorare a distanza, via telefono oppure tramite applicazioni quali Zoom, Skype o specifici sistemi da remoto. Il coinvolgimento degli interpreti nella lotta alla pandemia non è però l’unico effetto portato dal SARSCoV2 nel mondo dell’interpretariato.

Tirare una coperta corta

Il 27 marzo 2020 alcune associazioni, tra cui AITI, Assointerpreti e Anios, hanno redatto una lettera aperta al Presidente del consiglio in cui affermano che almeno l’82% degli interpreti e traduttori italiani ha riscontrato un totale arresto delle attività lavorative. Per gli interpreti, ciò è dovuto soprattutto al fatto che sono stati sospesi gli assembramenti di qualsiasi genere, quindi anche conferenze, manifestazioni e altri tipi di eventi. Nella lettera viene anche sottolineata la totale mancanza di tutele della categoria, a differenza di quanto avviene per altri lavoratori autonomi.

Nel decreto Cura Italia, entrato in vigore il 17 marzo 2020, è previsto un bonus di 600 euro per i liberi professionisti. Tuttavia i criteri per ottenerlo non sono chiari, tanto che l’erogazione è stata in parte sospesa il 10 aprile. Ma poiché possono richiederlo tutti gli iscritti alla gestione separata dell’INPS, nonché gli iscritti alle casse previdenziali private, c’è il rischio che gli interpreti si ritrovino comunque senza lavoro e senza aiuti. E per i traduttori editoriali che lavorano in regime di diritto d’autore, questa è una possibilità più che concreta: come sottolineato da STRADE, la sezione traduttori editoriali di Slc-Cgil, questa categoria è del tutto esclusa dal decreto.

Il Ministro delle finanze inglese Rishi Sunak annuncia le misure decise dal governo (fonte)

Qui nel Regno Unito, il governo ha varato una manovra economica per garantire ai liberi professionisti fino all’80% del reddito, fino a un massimo di 2.500 sterline al mese. Tali misure valgono esclusivamente per chi ha dichiarato meno di 50.000 sterline nella dichiarazione dei redditi 2018/2019. In altre parole, chi ha iniziato a esercitare la professione autonoma da pochi mesi non avrà diritto ad aiuti. Ma questo non è l’unico lato negativo: tali aiuti potrebbero non essere erogati fino a giugno 2020. Non esattamente l’ideale per chi ha bollette e affitto da pagare, ma perlomeno le tasse potranno essere pagate in ritardo.

Se ci sei, fammi un segno

La pandemia ha fatto emergere un altro problema nel settore dell’interpretariato. Nel Regno Unito, le dichiarazioni dal Primo ministro Boris Johnson sono state trasmesse sulle principali reti nazionali e anche in diretta sui social network. Proprio su Twitter è diventato di tendenza l’hashtag #WhereIsTheInterpreter, lanciato per denunciare l’assenza di un interprete del linguaggio dei segni durante conferenze fondamentali per il paese, come quella in cui veniva annunciata la quarantena a livello nazionale. Come abbiamo già visto in un altro articolo, in situazioni di emergenza è essenziale rompere la barriera linguistica per non lasciare nessuno indietro, persone non udenti incluse. Per fortuna, alcune associazioni ed agenzie private hanno sopperito a questa lacuna.

In questo caso, più che a un problema di compensi siamo di fronte al mancato riconoscimento dei servizi di interpretariato come essenziali. A porvi rimedio ci ha pensato la BBC, l’unica emittente del Regno Unito ad aver deciso di ingaggiare un interprete della lingua dei segni. Tuttavia, non dovrebbero essere le emittenti televisive, seppur pubbliche, a preoccuparsi di tradurre in linguaggio dei segni le conferenze stampa del governo, ma il governo stesso. Come sottolinea Lynn StewartTaylor, l’interprete che ha lanciato l’hashtag:

As the coronavirus crisis continues, Deaf people across the UK are still not being provided with important public health information in BSL, cutting us out of an important conversation and placing lives at risk.

Over 87,000 people use BSL as their first language, and while BBC News has been providing interpretation of the briefings, it is the government who has a duty to make these briefings accessible under the Equality Act.

StewartTaylor afferma che il Premier Boris Johnson e i suoi ministri dovrebbero seguire l’esempio di altri governi, che tengono le conferenze stampa relative alla COVID19 in presenza di un interprete ben visibile nelle inquadrature. In questo contesto, il governo italiano è sulla buona strada: nelle dirette su YouTube del Presidente del consiglio è presente un riquadro dedicato all’interprete della lingua dei segni. Per una volta, l’Italia può essere presa ad esempio.

Soluzioni sul lungo termine cercansi

Mappa in aggiornamento

È difficile prevedere gli effetti della pandemia di COVID-19 sul settore della traduzione e dell’interpretariato. È ragionevole pensare che problemi come le scarse garanzie, le tariffe basse e la concorrenza non qualificata saranno ancora al loro posto una volta superata l’emergenza. Anzi, la crisi economica che dovremo affrontare potrebbe contribuire a peggiorarli, specie nel settore pubblico e giudiziario. Quali potrebbero essere delle soluzioni sul lungo termine?

Uno dei temi ricorrenti è la mancanza di un ordine professionale. Nei tribunali e nelle camere di commercio esiste l’albo dei periti, tra cui figurano anche traduttori e interpreti (questo, per esempio, è quello del tribunale di Verona). In Italia però non esiste un albo dedicato a traduttori e interpreti, e questo è uno dei motivi per cui anche persone senza laurea o non qualificate possono fare questo mestiere. In teoria, un ordine dovrebbe garantire un livello di qualità più alto e di conseguenza tariffe e condizioni di lavoro migliori. Ma in pratica? A giudicare dallo scambio di commenti avvenuto in questo nostro post su Facebook, l’equazione non è così scontata.

Cosa ne pensi di questa situazione? Secondo te da cosa si dovrebbe ripartire una volta passata l’emergenza COVID19 per garantire condizioni di lavoro migliori agli interpreti? Pensi che un albo farebbe la differenza? Lascia un commento qui sotto o scrivici su Facebook, Instagram o Twitter.

Foto di copertina: Clem Onojeghuo (Unsplash)

Scritto da

Lily Flavia Silvestri

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Emigrata a Londra dall’entroterra veneziano (con qualche tappa nel mezzo), cuffie perennemente nelle orecchie, libro in mano e macchina fotografica al collo. Traduttrice freelance dal 2015, collaboro alla TDM dal 2018.
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