In caso di emergenza, rompere la barriera linguistica

Quando traduzione e interpretariato contribuiscono a salvare vite umane

Durante un’emergenza, far circolare comunicazioni in più lingue può contribuire a salvare vite umane. Alcuni casi di cronaca, come l’incendio della Grenfell Tower di Londra e il salvataggio dei giovani calciatori intrappolati nelle grotte di Tham Luang in Thailandia, sono un buon esempio di come traduzione e interpretariato possono fare la differenza in situazioni critiche. Ma anche una crisi sanitaria come quella da COVID-19 ci può offrire qualche spunto di riflessione.

Un’assenza ingiustificata

Nel gennaio 2019 una donna e sua figlia sono state protagoniste di un incidente sul Corno del Renon, in provincia di Bolzano: dopo aver imboccato per sbaglio una pista nera a bordo di uno slittino, hanno perso il controllo del mezzo e si sono schiantate contro un albero. Nell’impatto, la bambina di 8 anni ha perso la vita. A questo episodio è seguita un’accesa polemica poiché, sulla segnaletica a inizio pista, il divieto di accesso agli slittini era riportato solo in tedesco. Indicazioni come quelle per la stazione a valle o la pista di fondo erano tradotte in italiano, ma non la dicitura incriminata, Rodeln verboten. Questa importante informazione era fornita solo con un pittogramma, posto al di sotto del pallino nero che indica la difficoltà della pista.

Il cartello incriminato (fonte)

Sebbene l’iter giudiziario sia ancora in corso, nella perizia richiesta dal giudice delle indagini preliminari è già stato stabilito che la segnaletica dell’impianto non è conforme alle norme UNI. Nel documento si parla di posizionamento errato dei cartelli e di scarsa chiarezza delle indicazioni ma, poiché non è di pubblico dominio, non possiamo dire se l’assenza di traduzione è stata giudicata determinante per la morte della bambina. Pur non potendo commentare gli esiti delle indagini, questa vicenda ci porta a riflettere sul ruolo che può avere una traduzione nel prevenire o affrontare situazioni di pericolo.

I pericoli della barriera linguistica

Fornire indicazioni di sicurezza in una lingua non prontamente comprensibile a chi dovrà leggerle, magari in un momento di confusione e panico, può creare una barriera linguistica potenzialmente letale. È come ritrovarsi in un incendio e scoprire che l’uscita di emergenza è chiusa con un lucchetto a combinazione: la salvezza è a portata di mano, ma solo se hai le conoscenze necessarie. Ciò diventa ancora più importante se consideriamo che persino in un continente ricco come l’Europa conoscere più di una lingua è un privilegio.

Talvolta, l’assenza di traduzioni e informazioni intellgibili è una delle cause concorrenti allo sviluppo di una tragedia, ma vale anche il contrario: in alcuni casi, la capacità di comunicare in una lingua ponte può essere utile per salvare vite umane. Per approfondire l’argomento prenderemo come punti di partenza due fatti di cronaca, uno dall’esito disastroso, l’altro a lieto fine: l’incendio della Grenfell Tower a Londra e la missione di salvataggio dei giovani calciatori intrappolati nelle grotte di Tham Luang in Thailandia.

L’incendio della Grenfell Tower: quando la rapidità non è tutto

Nella notte del 14 giugno 2017, la Grenfell Tower, un edificio a North Kensington, quartiere occidentale di Londra, è stata quasi interamente avvolta dalle fiamme. Nell’incendio hanno perso la vita 72 persone. Forse ricorderai la vicenda; se così non fosse, o qualora volessi rinfrescarti la memoria, ti segnaliamo questo articolo della BBC che ripercorre in modo dettagliato tutti gli avvenimenti.

Ciò che resta della Grenfell Tower (fonte)

La prima fase dell’inchiesta si è conclusa a ottobre 2019, mentre la seconda è iniziata il 27 gennaio 2020. Questa Panoramica sul rapporto della fase 1 riassume quanto emerso dalle prime indagini. La tragedia è iniziata come un semplice incendio domestico, causato da un guasto a un frigorifero. Il fuoco è poi riuscito a propagarsi rapidamente a causa della vicinanza di materiali infiammabili alle finestre della cucina e ha raggiunto le pareti esterne dell’edificio, ricoperte di un materiale antipioggia anch’esso infiammabile.

Quello del rivestimento esterno infiammabile è un problema diffuso a Londra (fonte)

Secondo la trascrizione dell’udienza del 21 giugno 2018, la prima chiamata alla London Fire Brigade è stata effettuata alle ore 00:54. Le telecamere di sicurezza hanno registrato il primo ingresso dei pompieri nell’edificio pochi secondi dopo l’una. Tuttavia, nonostante i tempi di intervento eccezionali, la gestione dell’emergenza da parte dei vigili del fuoco non è stata ottimale. Ad esempio, l’ordine di evacuazione è arrivato solo alle 02:35: secondo il rapporto, andava dato almeno un’ora prima. Ma questo non è l’unico problema emerso dalle indagini.

Cronaca di una tragedia monolingue

Nell’udienza del 21 giugno 2018, Michael Dowden, il pompiere che inizialmente aveva il maggior grado di anzianità sul posto, ha ammesso di non possedere le competenze necessarie a gestire un incendio simile in un edificio di tali dimensioni. Inoltre, non ha rispettato alcuni protocolli di sicurezza imposti a livello nazionale, tra cui quello che prevede di controllare se sul luogo dell’incendio siano presenti persone che non capiscono l’inglese o la cui conoscenza dell’inglese è talmente limitata da costituire un impedimento per le operazioni di evacuazione. Come possiamo leggere nella Panoramica:

Molti occupanti della Grenfell Tower non sono riusciti a leggere o comprendere le istruzioni di sicurezza antincendio posizionate negli atri attraverso l’edificio. Tali informazioni sono importanti perché aiutano a salvare vite. Nel caso della Grenfell Tower, i consigli di sicurezza antincendio erano esposti prevalentemente negli atri ma erano scritti solo in lingua inglese, nonostante il fatto che molti occupanti non fossero in grado di leggere l’inglese facilmente o del tutto.

La propagazione dell’incendio (fonte)

Il capo della commissione d’inchiesta prosegue raccomandando una modifica delle normative antincendio per edifici residenziali che contengono abitazioni separate, indicando che gestori e proprietari dovrebbero essere obbligati a esporre della segnaletica antincendio facilmente comprensibile a tutti gli abitanti della struttura, istruzioni necessarie all’evacuazione comprese. Non possiamo sapere con certezza se dei cartelli tradotti avrebbero potuto salvare anche solo una parte delle 72 persone morte nell’incendio, ma in situazioni di emergenza non si può dare per scontato che chiunque conosca la lingua ufficiale del paese in cui si trova.

Le indicazioni di sicurezza della metropolitana di Parigi, forse non tradotte benissimo ma comprensibili in tutte le lingue

Paese sovrano, lingua sovrana

Dopo l’incendio, la considerazione nei confronti delle persone non di madrelingua inglese non è migliorata. I sopravvissuti hanno dovuto aspettare 8 giorni per ricevere informazioni di fondamentale importanza, come quelle sui nuovi alloggi a loro destinati. Un ritardo inaccettabile ma ancora contenuto, se pensiamo che i documenti in arabo, la seconda lingua più parlata a Kensington, sono arrivati solo dopo 22 giorni. In un articolo del 16 luglio 2017, due giornalisti del Guardian hanno chiesto a varie istituzioni locali di fornire comunicazioni in quante più lingue possibile per permettere a tutti gli ex inquilini della Grenfell Tower di affrontare al meglio la tragedia. Certo è impensabile che in una metropoli cosmopolita come Londra si trovino esempi di segnaletica di sicurezza solo in inglese, specie in quartieri con una forte componente di immigrati.

In una città di quasi 9 milioni di abitanti (meno di 7 milioni dei quali sono cittadini britannici), in cui giunge circa il 30% di tutti gli immigrati nel Regno Unito, non sarebbe forse il caso di liberarsi da questa idea che tutti debbano parlare perfettamente inglese? Talvolta, il doversi affidare al cosiddetto broken English non è questione di non volersi integrare, ma di anteporre la necessità di partire alla ricerca di una vita migliore a quella di padroneggiare una lingua. Se avessi la possibilità di cogliere un’opportunità che potrebbe migliorarti la vita, sarebbe davvero la barriera linguistica a fermarti?

Fonte

Che gli inglesi non siano propensi a imparare o sentire parlare una lingua diversa dalla propria è una generalizzazione che talvolta trova conferme e talvolta smentite, a volte anche all’interno della stessa vicenda. Basta pensare a quanto accaduto a fine gennaio 2020, quando, in occasione della Brexit, in un edificio di Norwich è stato affisso un cartello per ricordare alle persone di altri paesi che la loro lingua non è la benvenuta nel Regno Unito. Non solo il foglio è stato segnalato e rimosso dalla polizia, ma due giorni dopo 50 persone si sono riunite per tappezzare il palazzo di bigliettini e cuori a sostegno degli immigrati e del multiculturalismo. Un bellissimo gesto per contrastare pacificamente chi si schiera contro la diversità e, in qualche misura, dimostra di non conoscere o voler ignorare la storia.

Traduzioni e uragani

La migrazione caratterizza da sempre la storia dell’umanità, dai tempi dell’Homo erectus fino all’attuale emigrazione di massa dei giovani italiani, per citare un fenomeno che mi riguarda da vicino. Eppure, non è un mistero che in molti paesi ancora oggi gli immigrati godono di scarsa considerazione. Prendiamo come esempio gli Stati Uniti, che tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento hanno visto arrivare 12 milioni di persone nella sola Ellis Island, tanto che si stima che quasi il 40% dei cittadini americani abbia almeno un avo che è sbarcato sull’isola. Ciononostante, a volte le istituzioni si dimenticano (persino in situazioni di emergenza) che non tutti gli abitanti degli Stati Uniti conoscono bene l’inglese.

Un listino prezzi d’epoca, tradotto così così, che ho visto a Ellis Island

Nel 2005, mentre l’uragano Katrina si abbatteva sul Golfo degli Stati Uniti, a Gulfport (Mississippi), gli aggiornamenti sulle procedure di evacuazione sono stati emanati solo in inglese. Come stimato dalla UnidosUS, la mancanza di comunicazioni in spagnolo e portoghese ha presumibilmente contribuito alla morte di un’ottantina di persone. Ma per fortuna, abbiamo anche un esempio opposto. Nel 2017, quando l’uragano Irma stava per colpire le coste della Florida, la Croce rossa americana ha collaborato con Translation Without Borders per comunicare meglio con quel 72,8% della popolazione della contea di Miami-Dade che in casa parla una lingua diversa dall’inglese. Duecento volontari hanno tradotto tweet e post di Facebook in spagnolo, creolo haitiano, francese e portoghese, contribuendo a far circolare informazioni preziose e, con ogni probabilità, salvare vite.

Le lingue più diffuse negli USA oltre all’inglese e lo spagnolo (fonte)

Oltre a essere utile nella prevenzione di tragedie durante eventi atmosferici straordinari, la padronanza di una lingua può dimostrarsi fondamentale anche per velocizzare operazioni di soccorso, come vediamo nel nostro secondo esempio, quello a lieto fine.

Tham Luang: una lingua ponte verso la salvezza

Il 23 giugno 2018, una squadra di calcio composta da 12 ragazzi tra gli 11 e 17 anni e il loro allenatore entrano nel complesso di grotte di Tham Luang, provincia di Chiang Rai, nord della Thailandia. Mentre si trovano all’interno, una violenta pioggia monsonica allaga parte della caverna e intrappola il gruppo, che viene dichiarato disperso. Serviranno nove giorni per trovare i ragazzi e l’allenatore e altri otto per tirarli fuori. Per favorire le ricerche sono arrivati volontari e specialisti da varie parti del mondo, un fattore che ha contribuito a ridurre la tempistica del salvataggio da tre-quattro mesi a meno di 20 giorni. Per informazioni più dettagliate, puoi dare un’occhiata a questa ricostruzione cronologica della CNN.

Lo scenario complicatissimo in cui hanno dovuto lavorare i soccorritori (fonte)

In questa vicenda, la collaborazione tra interpreti professionisti e improvvisati è stata fondamentale. Tanto per iniziare, il caso ha voluto che il primo ragazzo a vedere la squadra di salvataggio fosse anche l’unico del gruppo a parlare inglese: ciò gli ha permesso di rispondere alle domande dei sommozzatori di nazionalità britannica e fare da ponte tra loro e i suoi compagni di sventura. Ma anche l’interazione tra i soccorritori americani, inglesi, australiani e danesi e le forze speciali tailandesi è stata semplificata dalla presenza di un interprete per caso. Come ha raccontato Charlie Hodges, ufficiale dell’Air Force Special Tactics americana a capo del team di intervento:

Abbiamo potuto coinvolgere un membro della Air Force di origine tailandese […]. Non è un traduttore professionista, ma, poiché aveva competenze linguistiche, l’abbiamo portato con noi. Siamo rimasti parecchio tempo in Thailandia, ma non abbiamo tempo di studiare una lingua, quindi averlo con noi è stato di grandissimo aiuto.

Poter contare su persone in grado di parlare più di una lingua è cruciale per le operazioni di coordinamento e collaborazione internazionale. Lo sa bene anche la Air Force, che grazie al Language Enabled Airman Program (LEAP) ha permesso a oltre 3.000 militari di ottenere o rafforzare competenze linguistiche e interculturali spendibili in situazioni di emergenza in tutto il mondo. Un’iniziativa ottima, ma che non esclude la necessità di interpreti di professione, che infatti sono stati coinvolti anche per l’incidente di Tham Luang:

Abbiamo avuto l’opportunità di incontrare la famiglia dei ragazzi e dell’allenatore ed è stato necessario un traduttore. Il loro inglese era pessimo almeno quanto il mio tailandese. Tuttavia, comunicavamo con segnali verbali e non verbali, sorrisi e abbracci. Ricordo ancora quando è stato tirato fuori l’ultimo ragazzo: ci siamo fatti OK con il pollice e poi c’è stata un’altra esultanza della folla. È stata un’esperienza molto gratificante.

Parole salvavita

Esistono diverse organizzazioni che si occupano di semplificare la comunicazione tra persone che non parlano la stessa lingua in situazioni delicate o di emergenza. Translators4Children, il cui motto è Saving a child’s life with words, è un progetto nato per fornire, grazie al lavoro volontario di traduttori specializzati, un servizio di traduzione gratuito per quelle famiglie che vogliono richiedere un parere medico all’estero ma non possono permettersi le spese di traduzione di una cartella clinica. Un altro esempio di traduzione “salvavita” sono i servizi offerti da Translators Without Borders (TWB), l’organizzazione no profit già citata due paragrafi fa, che fornisce servizi di traduzione e interpretariato per rispondere alle crisi umanitarie su scala globale.

TWB si impegna anche per identificare e abbattere le barriere linguistiche che impediscono alle persone di avere accesso a informazioni fondamentali per la loro salute. Per esempio, l’organizzazione ha scoperto che gli abitanti di Goma, Repubblica Democratica del Congo, non comprendono appieno i messaggi in francese e swahili standard sulla prevenzione dell’ebola perché nel parlato quotidiano usano la variante locale della lingua swahili. Alla luce di ciò, TWB invita i paramedici a testare la comprensione e le preferenze linguistiche delle persone che assistono.

Più lingue, più sicurezza

Non possiamo affermare con certezza che madre e figlia non avrebbero imboccato la pista nera sul Corno del Renon se il cartello avesse presentato il divieto in italiano. E neppure che istruzioni di sicurezza in più lingue avrebbero ridotto di molto il numero di morti durante l’incendio della Grenfell Tower. L’unica certezza è che quando si parla di sicurezza gli accorgimenti non sono mai troppi. Indicazioni e divieti perdono di efficacia se non possono essere compresi dal maggior numero di individui possibile. A ciò deve aver pensato la redazione del Post quando ha creato una guida in più lingue sull’emergenza da COVID-19 in Italia.

Non tradurre informazioni può contribuire ad aggravare una situazione già critica o anche solo far perdere tempo prezioso. Per restare sull’esempio del coronavirus SARS-CoV-2, a fine febbraio 2020 l’Accademia della Crusca e Il Corriere hanno denunciato il ritardo con cui la Commissione europea traduce i comunicati stampa sulla risposta dell’Unione europea alla COVID-19. Si potrebbe obiettare che non sempre contengono informazioni pratiche per il cittadino, ma fornire comunicazioni autorevoli sulla salute pubblica nel maggior numero di lingue possibile significa anche aumentare la consapevolezza di tutta la comunità. Se si lascia questo compito ai giornali, che come abbiamo visto insieme ad Alberto Puliafito non sempre riportano le notizie in modo corretto, si lascia anche spazio a errori e disinformazione.

Il caso di Tham Luang, il lavoro di organizzazioni come Translators Without Borders e il ruolo svolto dagli interpreti nel settore pubblico, per esempio negli ospedali, sono tutti esempi del fatto che i servizi di traduzione e interpretariato non servono solo quando occorre tradurre un manuale di istruzioni o le dichiarazioni di un politico. Ricordi che a inizio articolo ho detto che la barriera linguistica in una situazione d’emergenza è come un lucchetto a combinazione? Ecco: la traduzione permette di accedere a quella combinazione. E molto spesso, salva vite umane.

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Scritto da

Lily Flavia Silvestri

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Emigrata a Londra dall’entroterra veneziano (con qualche tappa nel mezzo), cuffie perennemente nelle orecchie, libro in mano e macchina fotografica al collo. Traduttrice freelance dal 2015, collaboro alla TDM dal 2018.
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