Diamo i numeri: curiosità e stranezze in date, orari e sistemi di numerazione

Alcuni esempi di come il modo di contare ed esprimere il tempo varia in base alla lingua

Se hai studiato francese, conoscerai il trauma di dover calcolare “quattro volte venti più dieci” per dire “novanta”. Ma se ti può consolare, sappi che esistono lingue in cui contare è addirittura più difficile. Scopri alcune curiosità e stranezze sui formati di data e ora e i sistemi di numerazione utilizzati in altri paesi.

A Big Ball of Wibbly-Wobbly Timey-Wimey Stuff

Come ci ricorda la serie TV Doctor Who: “da un punto di vista non lineare, non soggettivo, il tempo è come una grossa palla un po’ vacillante che va e viene”. Non una misura rigida e universale, quindi, ma una materia fluida che dipende da vari fattori, tra cui la lingua che parliamo. Questo però non lo sostiene un personaggio di finzione, ma uno studio scientifico del 2015. Grazie a tre esperimenti condotti su un campione di madrelingua svedesi e spagnoli e bilingui svedese-spagnolo, i ricercatori hanno mostrato come la percezione del tempo da parte di un individuo dipende anche dalla sua lingua madre, in quanto culture diverse concepiscono le durate temporali in modo diverso.

Al di là degli aspetti scientifici, le differenze nella divisione del tempo tra lingue e culture diverse possono diventare anche un problema pratico: nel mondo esistono numerosi modi di scrivere la data o di dire l’ora, alcuni dei quali possono dare adito a equivoci e incomprensioni. Ma oltre a come dividiamo il tempo, la lingua che parliamo influisce anche sul modo in cui contiamo e, forse, persino determina la nostra capacità di calcolo. Vediamo insieme qualche esempio di curiosità e stranezze linguistiche legate al modo in cui si esprime il tempo e ai sistemi di numerazione.

Uno standard ben poco standard

Iniziamo con la data. Lo standard internazionale viene definito dalla norma ISO 8601, secondo la quale il formato preferibile è AAAA-MM-GG. Tuttavia, questo formato di data è utilizzato soltanto in alcune regioni asiatiche, mentre nel resto del mondo il formato prevalente è quello vigente anche in Italia: giorno, mese, anno.

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Esistono però altre modalità di scrittura. Gli Stati Uniti, ad esempio, sono l’unico paese ad accettare esclusivamente il formato mese/giorno/anno: il 2 gennaio 2020 si scrive 01/02/2020. Se con i giorni dal 13 in poi non ci sono problemi, dall’1 al 12 di ogni mese questa differenza di formato potrebbe provocare non pochi equivoci nelle comunicazioni tra una sponda dell’Atlantico e l’altra. Non a caso è una delle prime nozioni che vengono insegnate in qualsiasi corso di localizzazione.

La situazione si fa ancora più complicata in Canada, dove sono accettati ben tre formati di data: anno/mese/giorno, giorno/mese/anno e mese/giorno/anno. Tuttavia, lo Standards Council of Canada consiglia di seguire la norma ISO 8601. Per limitare il grado di confusione, negli anni si è cercato di raggiungere un certo grado di standardizzazione, per lo meno per quanto riguarda i documenti ufficiali. Nel 2011, il politico Daryl Kramp ha tentato di rendere standard il formato ISO in ambito legale, proposta poi rispolverata nel 2015, ma mai approvata dal Parlamento. Insomma: per un canadese, interpretare una data potrebbe essere più difficile che capire cos’è il puntino sulla i di Jeremy Bearimy citato nella serie distribuita da Netflix The Good Place.

Era quasi più chiara la storia della palla che va e viene

Scusa, sai dirmi l’ora?

In Canada non sono solo le date a creare confusione. Come probabilmente già saprai, i paesi anglofoni usano un sistema orario a 12 ore, aggiungendo la dicitura AM per le prime 12 ore del giorno e PM per le 12 successive. Altri paesi, come per esempio la Francia, considerano tutte e 24 le ore di un giorno, indicando l’ora dalle 00:00 alle 24:00 (o le 23:59). Dato che il Canada è stato una colonia sia francese sia inglese, quale sarà il formato orario standard? La risposta è: nessuno. O meglio, nei territori di lingua inglese si usa il sistema a 12 ore, in Québec quello a 24. Se pensiamo che l’uomo considerato l’inventore dei fusi orari è canadese, non si può che apprezzare l’ironia della cosa.

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Anche se possono creare confusione, entrambi i sistemi orari si basano sulla stessa divisione: 60 secondi ogni minuto, 60 minuti ogni ora. I 60 minuti possono essere raggruppati in gruppi di 15, detti quarti, così le 10:45 possono essere tanto le 10 e 45 quanto le 11 meno un quarto. Questa flessibilità è comune a diverse lingue: in inglese si può dire a quarter to eleven o ten forty-five, in spagnolo diez y cuarenta y cinco o once menos cuarto, in francese dix heures quarante-cinq o onze heures moins le quart. Ma ce n’è una in cui i blocchi da 15 minuti diventano i principali punti di riferimento.

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Il sistema orario catalano tradizionale divide il giorno in quarti d’ora e nella lettura parte dall’ora in arrivo, non da quella in corso. Ad esempio, le 10 e 45 sono le tres quarts de onze (tre quarti di 11). Esiste anche una misura di 7 minuti (mig quart, ovvero mezzo quarto), ma per evitare imprecisioni si possono usare i singoli minuti, sempre in riferimento ai quarti: le 06:13 sono le dos minuts per a un quart de set (due minuti a un quarto di sette), mentre 13:41 si dice falten quatre minuts per tres quarts de dues (mancano quattro minuti a tre quarti di due). Se ti sta venendo mal di testa, non ti preoccupare: questo sistema è complicato per gli stessi catalani, che spesso si limitano a tradurre l’ora dal castigliano. Come biasimarli?

Settimana pagana e settimana cristiana

Torniamo a parlare di data spostandoci in Portogallo. Se hai mai visitato questo paese, potresti aver notato che le aperture di negozi, ristoranti e musei vengono indicate in modo particolare: se sabato e domenica sono sabado e domingo, i giorni da lunedì a venerdì vanno da segunda a seixta. Che la settimana portoghese inizi dalla domenica? In realtà la spiegazione è un’altra.

Gli orari della Livraria Lello di Lisbona, fotografati da un incuriosito Ruben

Questa caratteristica unica tra le lingue romanze ha origine nel VI secolo. Il vescovo Martino di Braga trovava blasfemo che la Settimana Santa, uno dei periodi più importanti dell’anno per il cristianesimo, venisse scandita con nomi di pianeti e stelle, così decise di rinominare i giorni secondo la tradizione ebraico‑cristiana, cancellando ogni traccia del culto pagano.

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Sabado e domingo derivano rispettivamente dall’ebraico Shabbat, “giorno del riposo”, e dall’espressione latina per “giorno del signore”. Dato che nel Medioevo il resto della Settimana Santa erano giorni di riposo (in portoghese, feira), San Martino scelse di ordinare i giorni feriali numericamente in base alla liturgia cattolica. Lunedì diventa quindi segunda-feira, martedì è terça-feira, mercoledì quarta-feira e così via.

Oltre che in portoghese, il “giorno di Saturno” e il “giorno del Sole” sono stati eliminati anche in italiano e altre lingue romanze. Ma ciò non vale per tutte le lingue: in inglese, “sabato” e “domenica” conservano ancora il riferimento al culto pagano, visto che si chiamano Saturday e Sunday. E con questa ultima curiosità sulle date, passiamo ai numeri.

Fai un respiro e conta fino a… 27?

Il sistema numerico decimale è certamente il più diffuso. Probabilmente legato al numero delle nostre dita, influenza senza dubbio il nostro modo di esprimerci. Quante volte ti hanno consigliato di “fare un respiro e contare fino a dieci”? E quante hai sentito tua madre intimarti che avrebbe “contato fino a dieci” mentre brandiva minacciosa un cucchiaio di legno?

Tuttavia, non tutti i sistemi numerici hanno base 10: alcuni usano una base vigesimale, altri sono a base mista, mentre altri ancora hanno basi ben più complesse. Quello usato nella lingua oksapmin, ad esempio, è un sistema a base 27, come le parti anatomiche che compongono braccia e capo secondo questa popolazione della Papua Nuova Guinea. Per esempio, 12 si dice nata, che significa orecchio, mentre 16 è tan-nata, che letteralmente vuol dire “orecchio sul lato opposto”.

Secondo quanto riportato in un saggio del 2004, questa popolazione ha iniziato a usare dei termini pidgin melanesiani basati sull’inglese per indicare le quantità, soprattutto in ambito commerciale. Ciò però vale solo per chi è istruito: la maggioranza delle persone continua a contare in lingua oksapmin e usarla anche nei negozi, dove gli acquirenti possono pagare o ricevere in resto “foglia d’albero e gomito”, corrispondenti a 2,80 kina. Ovvero, una banconota da 2 kina, chiamata “foglia d’albero”, e 8 monete da 10 toea, dove “gomito” indica il numero 8. Chissà se le mamme oksapmin contano “fino a mignolo sul lato opposto” prima di sferrare la temibile cucchiaiata.

Sistemi a base mista: gallese, danese e francese

Un caso particolare è rappresentato dal gallese, in cui esistono due sistemi di numerazione distinti. Uno moderno, a base decimale, e uno tradizionale, a base principalmente vigesimale (ovvero, basata sul 20). Per esempio, nel sistema tradizionale 30 è deg ar hugain, vale a dire dieci più venti, 40 si dice deugain, che letteralmente significa “due venti”, 60 è trigain, ossia tre venti, 70 diventa deg a thrigain, cioè dieci più tre venti, e così via. Ci sono però alcune eccezioni: 50, per esempio, si dice “metà cento”. Il sistema moderno è comunque il più diffuso, anche per via del fatto che viene insegnato nelle scuole sin dagli anni Quaranta.

Il sistema tradizionale gallese non è però l’unico a presentare basi miste: il caso più eclatante è sicuramente il danese, che usa una base decimale fino al numero 49 e una base vigesimale dal 50 in poi. Per esempio, 60 si dice “tre volte venti”, 80 diventa “quattro volte venti” e 90 è, letteralmente, “quattro volte e mezza venti”. Tuttavia, attualmente in danese vengono utilizzate solo le forme abbreviate di questi numeri, in cui la base vigesimale non è riconoscibile: 90 non è più halvfemsindstyve, bensì halvfems. E se non fosse abbastanza, esistono anche delle versioni in base 10 di questi numeri, che sono usate soltanto sugli assegni  e nelle comunicazioni ufficiali con altri paesi scandinavi.

Americani che impazziscono nel tentativo di contare fino a 100 in francese

Anche il francese usa un sistema a base mista, con i numeri da 70 a 79 calcolati come 60 + 10, 11, 12 e così via e 80 che viene calcolato come “quattro venti”. Arrivati a 90, si ritorna alla formula già usata per il 70, ossia 80 + 10, 11, 12 e via dicendo. Ciò non vale però per tutte le varietà di francese, anzi: quello belga, quello svizzero e quello canadese hanno introdotto la base decimale anche per 70, 80 e 90, che diventano rispettivamente septante, huitante e nonante.

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Sistemi a base vigesimale: il basco

A differenza di questi sistemi misti, la lingua basca utilizza solo una base vigesimale. Per esempio, 50 si dice berrogei ta hamar, che letteralmente significa “due volte venti e dieci”, mentre 55 è “due volte venti e 10 più 5”. Ma l’addizione “10 + n” vale solo per i numeri da 12 a 18, in quanto 11 e 19 sono gli unici numeri a essere considerati come entità a sé stanti, mentre 12, per esempio, si dice hamabi, quindi 10 + 2, 13 hamairu (10 + 3) e via dicendo. Se vuoi approfondire la questione, puoi leggere il saggio di Antonio Lascurain sul sistema numerico basco.

Prima le decine, poi le unità. Ma non sempre

Anche i sistemi a base 10 talvolta differiscono tra loro, vedi per esempio il tedesco. Quando si deve scrivere un numero dal 21 in poi, per esempio 31, in tedesco occorre invertire le cifre. Quindi: noi diciamo “trentuno”, i tedeschi dicono “uno e trenta”. La stessa cosa avviene in arabo, danese, maltese e olandese. Per quanto riguarda la lingua tedesca, esiste un gruppo, Zwanzigeins, che si occupa di promuovere una riforma del sistema di numerazione, aspirando a sostituire i numeri dal 21 in poi con delle nuove forme senza inversione, per esempio zwanzigeins al posto di einundzwanzig per dire 21. Come riportato nel sito del gruppo, l’inglese è passato dalla dicitura invertita a quella odierna (da one and twenty a twenty-one) nel XVI secolo, mentre in Germania ciò non è avvenuto.

Magari starai pensando: “Be’, ma almeno in questo caso non ci sono sistemi doppi”. E invece no: in ceco, i numeri possono essere scritti sia con l’inversione sia senza. Quindi, 25 è tanto dvadsetpät (venticinque) quanto pätadvadset (letteralmente, cinque e venti). Ma guardiamo il lato positivo: in caso di confusione, il numero sarà comunque giusto!

E il linguaggio del corpo?

Fino a ora ci siamo concentrati sul modo in cui date, ore e numeri vengono scritti o pronunciati. Ma come analizzato in uno studio del 2009, culture diverse possono avere gesti diversi per indicare i numeri. Ciò mi ha fatto tornare in mente la scena del film Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino, in cui una spia inglese in incognito ordina tre whisky indicando la quantità con le dita in un bar pieno di soldati nazisti.

Ne avevamo parlato anche qui

Nel farlo, utilizza il modo di contare con le dita usato nei paesi anglofoni, in cui si parte dall’indice. Negli altri paesi europei, Germania compresa, si conta a partire dal pollice, quindi per indicare il numero 3 la spia avrebbe dovuto alzare pollice, indice e medio. Purtroppo per lui, sarà proprio questo gesto a far saltare la sua copertura. Se non hai visto il film e vuoi sapere come andrà a finire la missione, ti dico solo: non bene.

Per noi comuni mortali che viviamo nel mondo reale e non in un film di Tarantino, le probabilità di ritrovarsi in mezzo a una sparatoria per via di un errore simile sono poche. Tuttavia, questo particolare è un altro esempio di come il modo in cui suddividiamo il tempo e contiamo dipende anche dalla nostra lingua e dice molto sulla nostra cultura. Se conosci altre curiosità legate a sistemi di numerazione, orari e temporali, lascia un commento qui sotto o scrivici su Facebook, Instagram o Twitter.

[Aggiornamento del 9 gennaio 2020]

Parola alla community

Dopo la pubblicazione dell’articolo, abbiamo chiesto alla nostra community su Instagram se conosceva altre lingue in cui per dire un numero ci va una laurea in matematica. Ecco le risposte più interessanti.

Arabo

Ebraico

Cinese

Russo e polacco

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L’immagine di copertina è di Crissy Jarvis (Unsplash)


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Scritto da

Lily Flavia Silvestri

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Emigrata a Londra dall’entroterra veneziano (con qualche tappa nel mezzo), cuffie perennemente nelle orecchie, libro in mano e macchina fotografica al collo. Traduttrice freelance dal 2015, collaboro alla TDM dal 2018.
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